lunedì 29 febbraio 2016

Music for the Third Eye - Intervista a Squadra Omega

Trasportavo un fardello di dischi sotto il sole di luglio a Chiusi, per il Lars Rock Fest. Sotto lo stesso sole impunito e rovente la Squadra Omega si dipingeva il volto preparandosi al rituale o forse alla battaglia che li avrebbe impegnati sul palco, dopo un faticoso pomeriggio di soundcheck differiti e interviste inseguite. Le domande che ora leggete, nate da uno scambio di epistole digitali, avrebbero dovuto invece spuntare nutrite dalla fisicità di una conversazione. Ma le mie incombenze mondane e l’impegno dei tre nel tessere incanti sonori ci ha impedito di fronteggiarci e ha rimandato fino all’inverno questo incontro verbale.


La critica musicale ha coniato la definizione “Italian Occult Psychedelia” per classificare un’intera nuova generazione di artisti; cosa ne pensate di questa categoria? E, soprattutto, credete che esista una sorta di “movimento” riconducibile a questa interpretazione?

E' una definizione creata da certa stampa specializzata più che una vera e propria scena. E' comunque innegabile che in Italia in questo momento ci siano parecchi gruppi che fanno musica partendo da presupposti comuni. Generalizzando, si potrebbe definire come una rilettura contemporaneizzata di un suono “psichedelico” che va oltre la forma canzone, aperto all'improvvisazione e al recupero di certe sonorità  sperimentali che hanno avuto, specialmente negli anni ‘70 in Italia, un’interessantissima importanza. Almeno, noi la vediamo così.

Inevitabilmente, anche i critici hanno chiamato in causa il prog italiano nel delineare le caratteristiche dell’ “Italian Occult Psychedelia”; pensate che questo parallelo sia pertinente? Qual è il vostro rapporto con la tradizione del prog italiano?

Nella definizione di  progressive italiano sono stati inseriti moltissimi gruppi o artisti molto diversi tra loro. Per quanto riguarda la Squadra Omega, possiamo dire di essere molto appassionati del versante più jazz rock/avanguardistico di Area, Perigeo, Dedalus, Picchio del Pozzo, Nadma... dal weird folk del primo Alan Sorrenti, o dalla rilettura italiana della kosmiche music di Sensation's Fix,  Battiato e da certa Library Music. La lista sarebbe comunque molto lunga.

Il loro ultimo disco Altri occhi ci guardano [qui la nostra recensione]  è stato registrato interamente in analogico presso l'Outside Inside Studio; mi piacerebbe che ci parlaste di questa scelta: la registrazione analogica suscita diffidenza in molti musicisti, soprattutto in quelli emergenti.

L'Outide Inside è il mio studio, che è principalmente equipaggiato con strumentazione analogica e vintage.  A seconda delle esigenze usiamo diversi approcci in studio: dall'improvvisazione in presa diretta senza sovraincisioni, alla costruzione per strati di overdubs, all'assemblaggio di sessioni diverse. Generalmente la musica è sempre incisa su nastro magnetico, mixata su banco e masterizzata ancora su nastro. A volte, nel mezzo, Pro Tools ci dà un aiutino qua e là nell'assemblaggio.

La copertina del disco è un dipinto del 1977. Come avete scoperto quest’opera e perché l’avete scelta?

Il dipinto è opera di mio padre, Flavio Bordin. L'abbiamo scelto perchè crediamo sia molto in tema con l'immaginario che cerchiamo di creare con la nostra musica. E anche perchè, per tornare alla domanda di prima, fa molto prog italiano anni 70!

Il titolo invece, secondo la presentazione ufficiale, ricorda un racconto sci-fi anni ’50. Siete d’accordo con questo accostamento? Il rudimentale immaginario della fantascienza ai suoi esordi vi appartiene in qualche modo?

Moltissimo. Siamo molto appassionati della fantascienza degli anni d'oro, non tanto di quella avventurosa e d'azione ma più del ramo visionario, mistico, oscuro e lisergico.

Qualche mese fa ho avuto occasione di vedervi eseguire dal vivo la sonorizzazione di Lost Coast. Com’è nata l’idea per questa soundtrack, uscita come disco nel 2015, e la conseguente decisione di portarla anche live?

Tutto è iniziato quando Marc Littler, regista indipendente tedesco, ci ha contattati per sonorizzare Lost Coast. Il film, privo di attori o di dialoghi, si può definire un viaggio nella natura selvaggia e primordiale. Riprese di ampi paesaggi incontaminati, in bianco e nero, descrivono la forza avversa e oscura della natura e  l'incapacità dell'uomo non solo di sottostare alle sue regole ma anche di cercare di comprenderle. Il regista ha dato delle direttive riguardo alla musica, voleva qualcosa che sottolineasse questo conflitto, doveva essere priva di ritmo, fatta di droni e principalmente eseguita con chitarre elettriche. Così abbiamo improvvisato per ore e ore ed è nata la colonna sonora del film. Successivamente è uscita un'edizione in LP con DVD  annesso per Boring Machine e da lì abbiamo deciso di portare dal vivo la proiezione e la sonorizzazione del film.

Nei comunicati stampa, l’abisso lisergico della Squadra Omega è definito “music for the third eye”. Quanta (auto)ironia c’è in questa espressione?

Non saprei in quanto non è stata scritta da noi. E' comunque una di quelle cose che si scrivono nelle biografie per far colpo sui gestori dei locali o sulla stampa!

Foto di Valeria Pierini

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