martedì 27 dicembre 2011

Intervista agli Are You Real?

Are You Real? è il nuovo progetto voluto da Andrea Liuzza, cantautore veneto con all'attivo due dischi che, abbandonata la carriera solista, assieme a Giorgio (bass), Nicolò (overdrive, e-bow guitar), Davide (drums, glokenspiel) e Mike (lead guitar), si prepara ad esordire a Gennaio con "Songs Of Innocence", concept d' inedita fattura e disco dal forte sapore esterofilo. Abbiamo chiesto ad Andrea di raccontarci il presente e futuro di Are You Real?


Raccontaci come nasce Are You Real? Chi si cela dietro il progetto, da quali esperienze trae origine e cosa vuole significare il nome.

-A: Ero andato a fare il cammino di Santiago. Era il 2009 mi pare. Avevo appena pubblicato un disco, Melancholia I, avrei dovuto promuoverlo e invece andai a fare il cammino. Non so, c’era qualcosa che non andava. Canzoni troppo autobiografiche, quasi mi vergognavo di cantarle. Mi pareva di averci dato l’anima ma nel modo sbagliato. Per un po’ non feci più niente. Volevo eclissarmi. Finché mi trovai a suonare con degli amici, Nicolò e Davide... mi elettrizzarono. Prima avevo sempre fatto tutto da solo. Vidi di nuovo i suoni, i colori. Capii che la musica doveva parlare da sola, essere potente come un sogno, come un’illustrazione per bambini. Più simile a una visione che a un diario personale. Traslocammo sul piano dell’immaginario... così è nato Are You Real? Poi è venuto Giorgio al basso. Il nome è saltato fuori, non ricordo come. Solo dopo ci siamo accorti che c’è una scena de La Leggenda Del Re Pescatore in cui la ragazza s’innamora del barbone e non ci può credere, piange, gli tocca la faccia e chiede “ma sei proprio vero?”. Sembra una frase lanciata da un luogo prima della realtà... fa guardare la realtà come se fosse un sogno. Questo è esattamente quel che cerchiamo di fare con la musica.

Il vostro album d'esordio rende omaggio a William Blake sia nel titolo che nella copertina. Parlaci un po della genesi di Songs Of Innocence.

-A: E’ nato stratificando genere su genere. In sala prove chitarre psichedeliche, batterie ignoranti, spirito post-rock. In camera mia la chitarra acustica, piano, voci. Tutto autoregistrato. Poi gli ambienti sonori, gli uccelli, il fuoco. La voce del bambino l’ha registrata un nostro amico a Milwaukee e ce l’ha mandata via mail. Quando ci siamo chiesti cosa univa tutto questo ho visto il libro di Blake, il titolo della raccolta. Le canzoni erano già nate in quest’ordine... è stato evidente che parlavano tutte dell’innocenza e che il cd era un concept.

Se non erro vi è occorso un anno di lavoro per giungere a questa prima prova. Immagino che siate piuttosto soddisfatti del lavoro finale...

-A: Ci abbiamo messo un sacco a registrare. Volevamo suoni diversi, a tratti lo-fi, a tratti puliti, è un caleidoscopio di registrazioni. Invece il mix l’abbiamo fatto in studio, in una settimana, ha aggiunto una qualità pazzesca. Tutti quelli che l’ascoltano se ne accorgono. Vecchia maniera, senza spingere le compressioni, tenendo tutte le sfumature e i crescendo. Siamo molto soddisfatti. Anche il packaging è curatissimo. Niente plastica, cartoncini di qualità. L’artwork ce l’ha fatto un illustratore inglese, Josh Murr. Ha tirato fuori questa faccia di barbone che sembra un eremita delle metropoli. Anche quella ricordava Il Re Pescatore... hai presente quando tutto torna e dici ok... ok. Wow.

Quali sono le tematiche ricorrenti del disco?

-A: Una sola, l’innocenza. Che hai perduto, che non sai se è mai esistita o esiste solo nel mito, nella favola, nel desiderio. Fairytale parla della caduta, del bambino che si accorge che esiste il male e deve conviverci. Ma l’innocenza è al di là del male e del bene. Bisognerebbe andarsene, stare da soli? Questa è la parte centrale del disco, Humans, The Last Song. O forse distruggere il mondo, rifarlo da capo. Rifare la realtà, questa è The Great Fire. O forse devi cercare di afferrare il presente, l’attimo in cui non esiste ancora una distinzione perché è la vita nel suo sorgere, e questa è Another World. Questo è il tema del disco. In particolare The Last Song nasce da un’esperienza vera: ho viaggiato e dormito in furgone a lungo quest’anno, un po’ alla Into The Wild.

The Last Song from Andrea Liuzza on Vimeo.



Come mai la scelta di aprire l'opera con l'apocalisse di Re Giacomo ?

-A: Perché l’apocalisse è la fine di un ordine, la preparazione di una nuova innocenza. Crollano le montagne, i re della terra si rifugiano nelle grotte, i potenti si coprono gli occhi dal terrore, tutto è sovvertito, cancellato. Come dire, ok, per cominciare a parlare veramente di qualcosa prima facciamo piazza pulita di tutti gli equivoci. Da lì parte il disco. Abbamo scelto la versione di Re Giacomo perché è arcaica e suona ancora più strana, pronunciata da un bambino.

Contraddicimi se sbaglio ma penso che Songs Of Innocence sia un album decisamente atipico per una band italiana. Per certi versi classico nella forma, semplice nella sua bellezza e intimo come pochi, attraversato da suoni ambientali e con questa sorta di sentore post-rock onnipresente. Un lavoro dal forte sapore esterofilo. Per questo non posso fare a meno di chiederti con quali ascolti vi siate forgiati fino ad oggi e se pensate di introdurvi in un contesto internazionale

-A: Mi sembra che la nostra musica piaccia in certi paesi all’estero, riceviamo un sacco di messaggi di americani, francesi, olandesi. Sarebbe bello entrare in un contesto internazionale anche se non abbiamo nessun contatto. Comunque non vedo legami fra Are You Real? e l’Italia, a parte il fatto che siamo di qua e che abbiamo trovato una santa etichetta, Face Like A frog Records, che ha deciso di credere in noi, qui. I nostri punti di riferimento sono americani. Mount Eerie, Smog, Silver mt Zion, Lisa Germano, Sparklehorse, Velvet Underground, Dylan, Nirvana. Di europeo, direi Current 93 e i Sigur Ros.

Rivolto al vostro disco dite "per favore non chiamatelo indie". Cosa ne pensate della musica indipendente, italiana e non? Secondo voi cosa comporta oggi definirsi o essere definiti indie una volta accertato che il termine non contraddistingue un genere bensì un contesto del quale far parte?

-A: Certo è un contesto ma spesso è anche una posa. Spillette, occhiali grossi. Indie è una parola che puzza. Sei il figo della situazione, fai musica vera. In realtà l’80% delle robe indie che sento sembrano l’imitazione di vecchi generi musicali, i meccanismi sono gli stessi delle major ma con meno soldi, per andare avanti devi avere conoscenze, pubblicità, fare canzoni secondo certi canoni, e vuoi diventare il re favolino del tuo minuscolo spazietto. Indie non vuol dire avere un’anima. Sono contento di aver lavorato con Face Like A Frog Records perché fanno le cose meglio che possono e ci han lasciato liberi. Ma se penso a cosa amo della musica italiana ti direi i CSI, i PGR, che non erano indie.

Cosa pensate di fare nel futuro prossimo?

-A: Stiamo lavorando a dei videoclips. E stiamo suonando con un nuovo chitarrista, Mike, abbiamo già un paio di canzoni del prossimo disco. Tutti ci chiedono se si chiamerà Songs of Experience... ahah, direi di no. Stiamo anche cercando date. Se visitate il nostro sito areyoureal.it potete tenervi aggiornati, magari capita d’incontrarci dal vivo.


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